Non a tutti gli appassionati risulta probabilmente familiare il nome di Tomcat Courtney, cantante e chitarrista di origine texana, residente a San Diego, California dall’inizio degli anni Settanta. Qui ha vissuto da allora fino alla sua scomparsa, avvenuta lo scorso undici gennaio, per complicanze legate al coronavirus. Tomcat Courtney Era divenuto un beniamino locale, suonando con regolarità nei locali della città e contribuendo anche alla formazione di giovani musicisti quali ad esempio Chris James, che cominciò a suonare il basso con lui da adolescente. Courtney era tra gli ultimi rappresentanti della grande tradizione texana dei vari Lightnin’ Hopkins, Lil’ Son Jackson o Smokey Hogg, fatta di essenziali fraseggi di chitarra e di un canto pieno di personalità, in grado di raccontare storie sue o di conferire credibilità e senso a riprese di colleghi illustri. E’ un peccato che abbia registrato davvero poco, se si eccettuano i brani nell’antologia edita nel 1974 dalla Advent “San Diego Blues Jam”, bisognerà attendere l’ottimo “Downsville Blues” del 2008 per un vero e proprio album a suo nome. Sulla scia del disco era anche tornato a suonare in Europa in alcuni festival tra cui quello di Lucerna accompagnato proprio da Chris James, Patrick Rynn e Bob Corritore. Sulle ragioni dell’esigua discografia, rispose così nell’intervista pubblicata sul numero 111 de Il Blues, “credo sia perché ho sempre suonato in piccoli club e sono rimasto lì, non ho avuto molte occasioni di suonare in giro.[…] Spesso qualcuno dopo avermi sentito mi diceva che ero bravo e che avrei dovuto registrare un demo e inviarlo a questa o quella casa casa e forse avrei dovuto farlo”. Riascoltando la sua musica in questi giorni, non possiamo fare a meno di pensare come con lui se ne vada uno degli ultimi legami diretti con il downhome blues texano.

Matteo Bossi

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