Nel corso di trent’anni trascorsi dalla sua creazione, nel 1994, la Music Maker Foundation si è dedicata al blues acustico e a quello elettrico, al gospel nero e ad un folk molto eclettico. No Depression (magazine trimestrale sulla roots music) e la Fondazione scaturita da una iniziativa di Tim e Denise Duffy a Hillsborough, North Carolina, hanno deciso di celebrare la ricorrenza a modo loro. Il risultato è la pubblicazione di “Song Keepers-A Music Maker Foundation Anthology”. Una raccolta di musica roots composta di due elementi, da una parte 4 CD per un totale di 85 canzoni, suddivisi per tema, “Snap Your Fingers, Acoustic Blues”, “Back In Business, Electric Blues”, “No Ways Tired, Sacred Soul and Gospel” e “This Old House, Eclectic Folk”. Dall’altra un libro di 143 pagine, redatto da Georgann Eubanks, autrice e registra nota in North Carolina appassionata di abbinamenti (letteratura e storia). Il testo raccoglie interviste con figure importanti nello sviluppo della fondazione, tutti vincitori di un Grammy (Taj Mahal, Dom Flemons, Rhiannon Giddens e Bill Ferris), ritratti degli artisti e circa un centinaio di fotografie per lo più inedite.

Sappiamo che la MMF non si accontenta di registrare musicisti tradizionali, ma li aiuta concretamente tramite donazioni, borse e sovvenzioni, mostre, tournée ed altre iniziative. Per prima cosa, dal 1994, si tratta di rintracciare e far inciderere artisti sconosciuti in tutto il paese, rilanciando altresì coloro che, nel corso del tempo, sono finiti ai margini. In seguito, si tratta di diffondere per un pubblico più vasto questa musica alle radici della cultura afroamericana del Sud, della quale fanno parte blues, holy blues, senza dimenticare altri stili immancabili quali soul, folk, country, bluegrass, in maggioranza provenienti dalla East Coast, tra gli Appalachi e il Piedmont.

La selezione (85 canzoni di oltre 75 artisti, che coprono trent’anni di registrazioni) attinge al catalogo della Music Maker, che conta oltre duecento pubblicazioni. Ricordiamo che la fondazione è intervenuta presso cinquecentoventi artisti, ha messo insieme oltre ottomila e cinquecento concerti, trentadue tournée e oltre duemilaottocento canzoni registrate, ottenendo quasi sedicimila donazioni finanziarie per i musicisti di cui si occupa. Numeri che danno le vertigini! Un bilancio unico che conviene celebrare, visto che la conservazione e trasmissione del patrimonio delle musiche afroamericane e roots costituisce il DNA della MMF. Il primo album, “Snap Your Fingers-Acoustic Blues” (23 brani) propone blues(wo)men per lo più adepti del Piedmont Blues, ma non solo…citeremo Gail Ceasar, l’armonicista Big Daddy Neal Pattman, Cootie Stark, Cora Mae Bryant, Shelton Powe, Willa Mae Buckner, Precious Bryant, John Lee Ziegler, Algia Mae Hinton…e ancora, la chitarrista Etta Baker in una versione splendida  di “Carolina Breakdown”, suonata in fingerpicking.  Sul secondo album, “Back In Business-Electric Blues”, ritroviamo artisti che hanno fatto comparsate di rilievo anche da questo lato dell’Atlantico, quali Jerry “Boogie” McCain, la showoman nativa di Atlanta Beverly Guitar Watkins, l’eroe locale John Dee Holeman, nativo proprio di Hillsborough (NC) in una versione gioiosa e spumeggiante di “Chapel Hill Boogie”, Sonny Boy King proveniente dall’Alabama, l’eccellente Robert Finley che da qualche anno ha messo a segno un notevole percorso e che rivediamo con piacere sui palchi europei. E poi Alabama Slim, Albert White, James Davis che interpreta “Georgia Drumbeat” dagli accenti Hill country con un ritmo sincopato ai tamburi, l’adorabile e compianto pianista di Atlanta Eddie Tigner, vecchio compagno di strada anche di Elmore James, si diverte con “Route 66”, magnifico shuffle bluesy e jazzy, segnato dai tocchi pieni di swing al piano. Senza dimenticare la ruspante Sweet Betty, dalla potente voce gospel in una indiavolata versione di “Party”.

Il terzo CD, “Sacred Soul And Gospel” è dedicato al gospel nero e alla musica sacra, stili cari a Tim Duffy. Bishop Albert Harrison interpreta su un ritmo sfrenato, “Shake Me”, “Lord Hold My Hand” è invece cantata da DMZ alias Dedicated Men Of Zion, quartetto emblematico della nuova generazione gospel, che ha fatto irruzione sulle scene evidenziando il proprio talento con un mix di funky gospel che fa venir voglia di spostare i mobili del salotto per poter ballare. Little Willie Farmer, visto al Juke Joint Festival e al Blues Rules di Crissier in Svizzera, è un meccanico, oggi in pensione, proveniente da Duck Hill, Mississippi, che suona i brani nel suo garage. Le Como Mamas commuovono e fanno vibrare il pubblico grazie alla profondità al supplemento di anima che trasfondono nella loro musica sacra. Sono un trio originario di Como, Mississippi, dalle voci gospel sviluppatesi cantando insieme in chiesa sin dall’infanzia. Bishop Dready Manning si lancia in una straordinaria versione “whoopin’ blues” di “Gospel Train”, degna di Blind Boy Fuller e Brownie McGhee. Il duo composto da Guitar Gabriel e Lucille Lindsay dalla voce incantatrice in staccato canta con fervore una lenta ed emozionante versione di “Do You Know What It Means To Have a Friend”. E ancora, Drink Small dalla voce grave e rugosa e Cootie Stark, cieco, riprendono felicemente “Drinkin’ Wine”. L’ensemble First Cosmopolitans è un buon esempio di quartetto cha canta a capella, magnificamente, brani tradizionali e sacri dalla dimensione senza tempo. La Walker Calhoun Family  (in omaggio a Walker Calhoun) esprime con emozione la quintessenza dei testi di origine Cherokee. Carl Rutherford interpreta magistralmente “Old Rugged Cross”, che trasfigura la tradizione musicale degli Appalachi.

Il quarto e ultimo disco, “This Old House-Eclectic Folk” completa la raccolta con rappresentanti di altri stili del Nord-Est, come folk, folk blues, bluesgrass…Ed ecco allora Spencer Branch e Big Ron Hunter, che occorre scoprire. Preston Fulp, interprete sensibile di “In The Pines” di Leadbelly. Paul Geremia propone una notevole “Rising River Blues” con la dodici corde, lui che lo stesso magazine No Deprssion ha definito un “archeologo del blues”, a riprova della canzone scelta, composta nel 1920 dal poco noto George Carter. I Carolina Chocolate Drops sono stati un trio che suonava una “old bluegrass” con banjo, washboard e violino nella tradizione più pura, un combo che ha riportato in vita dei brani destinati all’oblio. L’infaticabile violinista Benton Flippen concede subito un bis di “bluesy fiddling skills”, che si combinano a meraviglia con un banjo e una chitarra. Il chitarrista Dom Flemons suona anche l’armonica “whoopin’” in “Marching Up To Propect Hill” con un cantato vibrante in omaggio ai contadini che vivevano in miseria nelle coltivazioni di tabacco e rimanda ai lavori degli schiavi in North Carolina. Ritroviamo anche l’armonicista Neal Big Daddy Pattman (visto a Lucerna all’inizio degli anni 2000) che ha perduto un braccio per un tragico incidente ferroviario in un magico duetto con Taj Mahal al banjo in “Shortnin’ Bread”. Pura Fé tramanda la storia della sua tribu, i Tuscarora, i cui membri si chiamano tra loro “ska-ru-ren” che significa canapa, in riferimento al materiale che usavano per fabbricare i propri abiti, decimata dai coloni europei tra il 1711 e il 1713, cantando e suonando la chitarra su “Della Blackman”, dal groove contagioso.  Seguono Rhiannon Giddens  con “Cripple Creek”, strumentale al banjo, Willie French Lowery coglie nel segno con una valida folk ballad. Insomma, ci vorrebbero molte altre pagine per citare tutti! Il compianto Guitar Gabriel conclude, ovviamente, quest’antologia che ripercorre i trent’anni d’esistenza della Music Maker. Realizzata con attenzione e passione, facilita dunque la condivisione di un patrimonio inestimabile della musica roots in tutta la sua ricchezza e diversità. Un immenso ringraziamento a Tim e Denise Duffy e a tutti coloro che, nell’ombra, hanno permesso la realizzazione di questa sontuosa opera accattivante, che si ascolta senza pause e si legge d’un fiato. Indispensabile. Per maggiori informazioni www.musicmaker.org.

Philippe Prétet


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