Flatiron Records (USA) – 2023
Era esattamente il 1960 quando Alvin Lee, Leo Lyons e Pete Evans dettero vita al primo embrione di quelli che sarebbero diventati i Ten Years After: la formazione nata a Nottingham avrebbe poi raggiunto un notevole successo non solo in patria ma soprattutto negli States, specie dopo l’infuocata esibizione al festival di Woodstock. Dopo vari scioglimenti e riunioni, la band risulta tuttora attiva con gli altri due membri originari, Ric Lee e Chick Churchill, ma analogamente Lyons non ha affatto perso il suo entusiasmo, come conferma il recente album “Movin’ On”. Insieme al chitarrista e cantante Joe Gooch e al batterista Damon Sawyer ha creato gli Hundred Seventy Split, che richiamano il panorama blues rock britannico dei seventies, proponendolo con una freschezza sorprendente. L’album si apre con “Walking In The Devil’s Shoes”, che cattura immediatamente l’attenzione con il suo blues-rock robusto, un groove funky e un’energia decisamente contagiosa. La voce di Gooch è potente e si fonde perfettamente con gli ottimi fraseggi della sua chitarra. “It’s So Easy To Slide” presenta uno shuffle che mescola efficacemente nostalgia e freschezza, prima di virare verso il classic rock sia con “Heart Of A Hurricane” che con la successiva “Black River”, che confermano la versatilità della band nel mescolare influenze e stili. A tale proposito “Meet Me At The Bottom” dimostra la capacità dei tre di suonare con grande intensità anche guidati dalla chitarra acustica, che coniuga forza e profondità sull’elegante struttura ritmica sviluppata da basso e batteria. Fin dal titolo di “Mad Bad And Dangerous” ci si aspetta un rock carico di vigore, dove infatti l’aggressiva chitarra di Joe Gooch la fa da padrona, prima di concedersi un viaggio quasi meditabondo attraverso il blues di “The Road Back Home”, cantato con grande espressività. Dall’atmosfera un po’ cupa di “Sounded Like A Train” si passa al funky quasi sensuale di “Beneath That Muddy Water”, con ancora Gooch in primissimo piano, per chiudere il dischetto con l’impetuosa “Time To Kill”, che ribadisce la grande potenza propulsiva del trio. Leo Lyons e soci hanno realizzato un ottimo album che unisce il classico blues rock britannico degli anni ‘70 con una freschezza e una modernità sorprendenti: se la sensazione di familiarità con la decade d’oro del rock è preponderante, le sonorità dei dieci brani sono ricche di una vitalità capace di coinvolgere anche le nuove generazioni di appassionati.
Luca Zaninello
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