Umbria Jazz 2023: lo storico festival compie 50 anni.
Decenni fatti di musica sì, (e che musica!) ma soprattutto d’incontri, viaggi, emozioni e sensazioni forti, a volte difficili da descrivere se non provate in prima persona.
Una città che si trasforma sotto un’aurea magica e intensa, a volte irreale.
Per i meno romantici, una “macchina” turistica e d’introiti rilevanti.
Quella di quest’anno non poteva che essere un’edizione esplosiva ricca di eventi e nomi importanti, ma d’altra parte UJ ci ha sempre abituati a questo anche nelle annate meno seguite.
L’ARENA SANTA GIULIANA il Main Stage
Si parte il 7 luglio con l’atteso evento di questa edizione.
Bob Dylan sul palco dell’arena riporta indietro le lancette dell’orologio quando i concerti erano liberi dai cellulari e i maxi schermi un’idea fantascientifica.
Solo lui e la sua ottima band su un palco in penombra dove la performance alterna suoni tra folk e country con un netto imprinting bluesy grazie soprattutto alle chitarre di Bob Pritt e Doug Lancio.
Particolarmente intense le sue ballate, la proposta è incentrata sul repertorio più recente per gran parte dall’album “Rough and Rowdy Ways”, con poche concessioni di brani dal passato come “To Be Alone With You” celebri ai fan più ostinati.
Un concerto certamente piacevole, seguito da un’arena ricolma, ma l’ormai nota schiva personalità di Bob si è confermata anche sul palco perugino; solo un paio di “grazi” e nessun bis.
Un amico di Umbria Jazz torna sul palco dell’arena per aprire la seconda serata; Stefano Bollani incanta come sempre tra ironia, tecnica impressionante e simpatia contagiosa.
Gioca col pubblico, riuscendo ogni volta con intelligenza a stabilire una connessione innata; mai banale o ripetitivo ogni suo concerto diventa un’esperienza unica e di spessore fuori dal comune.
I bei momenti continuano nel secondo set della serata e parlano di un incontro quello tra Kyle Eastwood, l’Umbria Jazz Orchestra e l’Orchestra Da Camera di Perugia.
Già presente qualche anno fa, Kyle omaggia il padre regista, proponendo parte del suo prossimo lavoro dedicato alle colonne sonore dei film di Clint.
Emozioni vere, armonie eleganti ricche di pathos per un bravo contrabbassista ma soprattutto un sensibile artista.
La sera seguente domenica 9 luglio, i suoni cambiano nel Main Stage.
Atmosfere forti, quelle che legano i colori della madre Africa, al soul, jazz e folk.
Questo è il linguaggio di Somi che all’arena celebra l’icona Miriam Makeba in un turbinio di ritmi, sentimenti, dolcezza e passionalità.
Già l’avevamo ammirata qualche anno fa quando era una novità per UJ; torna da regina indiscussa di quell’afro-pop così penetrante.
Voce splendida, ipnotica, carisma da vendere e una band raffinata che la completa tra originali e non.
Herbie Hancock è uno di quegli artisti che ha accompagnato il festival in questi 50 anni; cosa si può aggiungere su questa icona assoluta e genio musicale.
Non poteva mancare per completare un’avventura che continua ad alto livello.
Assistere ad un suo set non è mai ripetitivo ma ogni volta un’esperienza da ricordare.
Qualsiasi genere musicale si possa pensare l’ha inglobato anche questa volta in una serata che ha visto tra la band il bravissimo Terence Blanchard alla tromba.
Un susseguirsi delle sue composizioni più note e l’omaggio a Wayne Shorter, tra fusioni di suoni melodie e ritmi eleganti, ma quello che sorprende del sempre cordiale Herbie sono quell’incredibile vitalità e creatività anche dopo 83 primavere.
Per gli amanti del pop più verace è stata una festa vera e propria il ritorno di Mika sul palco dell’arena, in uno show che si è presto trasformato in un tumulto di colori, costumi, luci e un ballo continuo.
Il cantante si è letteralmente tuffato sul pubblico facendo impazzire i numerosi fan già in delirio. Visivamente un vero e proprio spettacolo.
La notorietà di Brad Mehldau nasce grazie ad Umbria Jazz che negli anni l’ha più volte ospitato.
Non poteva quindi mancare in questo importante anniversario attraverso la formazione che maggiormente lo esalta: il trio.
Il suo è un set essenziale per un musicista che non ama molto mostrarsi con funambolici tecnicismi, ma predilige un linguaggio incisivo e incombente.
La ricerca di quella melodia che ti penetra e rende l’ascoltatore parte integrante tra ritmi più classici a quelli maggiormente introspettivi.
Tra composizioni di Charlie Parker e originali; concerto per palati fini.
È una serata dedicata al jazz più canonico quella che continua martedì 11, con il quartetto di Branford Marsalis.
In partenza i ritmi cambiano decisamente, diventano più frenetici per un continuo richiamo al solismo più tecnico.
Ben presto sarà comunque la melodia a impossessarsi del set alternando atmosfere più fusion in un concerto dai toni vari e a volte inaspettati. La complicità della band è un altro valore aggiunto.
È una serata all’insegna delle emozioni più vere quella aperta dall’esordiente Rhiannon Giddens.
Una voce che incanta, un pubblico catturato dalla sua genuina sensibilità, ed è un continuo di armonie che incamerano tutta la roots music americana passando dal blues al country con una naturalezza che la rende l’artista unica.
Interpreta magicamente anche repertorio non notissimo di casa nostra per poi proporre un classico di Tenco, miscelando suoni brasiliani a quelli tipici del folk statunitense.
L’affinità con Francesco Turrisi, compagno anche nella vita, chiude un cerchio praticamente perfetto. Incuriosiscono il pubblico anche per la loro strumentazione acustica tipica di determinati mondi.
Due straordinari musicisti che hanno regalato un piccolo gioiello di set, forse uno dei migliori momenti dell’intera kermesse. Magnifica l’originale “At the Purchaser’s Option”. La sensazione è quella che li rivedremo presto.
Il set successivo prevede il ritorno degli Snarky Puppy, ormai noti al pubblico di UJ per le loro passate partecipazioni, come sempre non deludono e infiammano il palco con la loro elegante energia fatta di mille contaminazioni elettriche.
Dieci musicisti ormai consolidati che tra jazz, funk, rock e pop presentano il progetto che sarà pubblicato a breve.
Rispetto ad altre performance perugine sembrano aver acquisito una maggiore maturità stilistica.
In questa speciale edizione sono stati tanti gli eventi d’importanza nazionale.
Uno tra questi sicuramente il concerto di Ben Harper ha attratto tanto pubblico all’arena Santa Giuliana per un sold out inevitabile.
Considerato uno dei migliori cantautori dei nostri tempi, lo dimostra totalmente sul palco perugino per la sua unicità. Un rock che ci piace definire “gentile”. Nel suo sangue scorre il blues, quel linguaggio che sfocia in armonie personalissime elargendo atmosfere di profonda intensità.
Tra l’altro ad un blues un po’ diverso già ci aveva abituato nelle sue collaborazioni con Charlie Musselwhite.
Esoterico in molte parti dello show, piace già dal brano di apertura “Better Way”.
Ben appare essere persona riservata quasi timida, lascia parlare la sua musica e la lunga carrellata dei suoi brani più celebri rendono la serata dell’arena una di quelle da ricordare.
Venerdì 14 è la volta di un bel tuffo nel passato, con il repertorio di una band che esaltò gli anni ottanta; I Police.
Stewart Copeland, geniale batterista della band porta sul palco i successi più noti in una veste totalmente inusuale.
“Police Deranged For Orchestra” è il progetto orchestrale del loro repertorio completamente rivisitato e riarrangiato dal settantenne della Virginia; lo esegue insieme all’Umbria Jazz Orchestra e L’Orchestra da Camera di Perugia.
Serata che fa rivivere immagini indelebili soprattutto a chi quel periodo l’ha vissuto; le voci di Raquel Brown, Laise Aerts e Sara-Jane Wijdenbosch interpretano i pezzi proposti circondandoli di una veste più soul rispetto all’originale.
Le sinfonie accattivanti si alternano tra uno Stewart Copeland letteralmente entusiasta e partecipativo, con quella sana pazzia che lo rende simpatico.
Le nuove vesti a volte sono così trasformate da stupire quell’ascoltatore tanto abituato ai ritmi originali, ma sta proprio qui la forza di questo show… sorprendere!
Un’immersione totale nel personaggio Copeland, tramite quell’indole così eccentrica ma al tempo stesso indulgente; tra “Message In A Bottle”, “Roxanne”, “Every Breath You Take” l’arena canta e non poteva essere altrimenti.
Umbria Jazz 2023 volge al termine facendosi un regalo; l’esclusiva italiana di quello che è da tutti considerato l’ultimo vero guitar hero.
Joe Bonamassa sale sul palco con il suo folgorante rock fatto di virtuosismo ma non solo.
Nessuno sa da quale lontano pianeta provenga la sua incredibile tecnica ma Joe ha anche un netto cuore blues che lo distingue da tanti altri funambolici colleghi.
L’organo del leggendario Reese Wynans, ex Double Trouble, è un valore aggiunto che insieme all’altro bravissimo chitarrista, Josh Smith, garantiscono un suono di grande impatto e dinamismo.
Propone gran parte del recente “Time Clocks” diventato anche album live sotto altro titolo.
All’insegna del rock più potente la prima parte dello show con brani come “Evil Mama” ma sono i momenti bluesy quelli che colpiscono di più come una splendida “Double Trouble” e “I Want To Shout About It”.
Mancava sui palchi italiani da sette anni, come lui stesso ricorda, mentre un’arena sempre più catturata dal suo straripante talento lo accompagna in un finale che non poteva che essere ad alto voltaggio.
Ogni serata presso l’Arena è stata aperta dal trio Accordi e Disaccordi.
TEATRO MORLACCHI
Impossibile seguire la totalità del festival per la vastità delle proposte; ma come tradizione vuole ormai da anni, è il palco del Teatro Morlacchi quello dedicato al jazz più canonico e attuale.
Tanti gli artisti di casa nostra a riprova della grande reputazione che la scena italiana possiede a livello mondiale; Mauro Ottolini, Paolo Fresu, Enrico Rava, Fabrizio Bosso, Stefano Di Battista, tutti musicisti che al festival devono tanto, ma che hanno sempre ripagato con performance di altissimo livello.
Anche in questa annata non hanno certamente deluso con i loro nuovi progetti ma c’è un musicista che a nostro parere ha lasciato il segno più di altri.
Difficile descrivere la musica di Gianluca Petrella; ogni suo set è un’esperienza cosmica tanto per citare la band che lo accompagna dal 2007.
Certo è che la connessione di suoni da altri pianeti è una sua caratteristica predominante: allacciandosi poi a ritmi quasi tribali. Dinamiche stilistiche, melodie soavi, mai invadenti, che offrono quell’eleganza innata tipica degli artisti più sensibili.
I suoi suoni sono quasi tattili e l’intesa con i musicisti impeccabile; una delle migliori performance del palco del Morlacchi in questo cinquantennale.
Tra i maestri stranieri che si sono esibiti al Morlacchi vanno nominati Danilo Perez, John Patitucci, Adam Cruz, Fred Hersch, Kenny Barron.
C’era da fare una scelta il 15 luglio; contemporaneamente si esibiva all’Arena Paolo Conte, mentre al Morlacchi Bill Frisell.
Entrambi già ospiti del festival, la nostra opzione è stata quella di assistere al progetto “Four” di Frisell.
L’artista di Baltimora ha dimostrato ancora una volta di essere musicista di livello superiore per la sua concezione di suono e armonia.
In un linguaggio a volte cervellotico è comunque la semplicità delle poche note che sorprende instaurando un vero e proprio colloquio con gli altri colleghi tra cui il bravissimo Gerald Clayton al pianoforte.
Dialoghi che si distaccano tra loro per poi improvvisamente intraprendere la stessa strada e melodia.
Non mancano nemmeno calde blue note nel fraseggio di Bill che rendono il suo stile ancora più affascinante.
Senza l’ausilio del contrabbasso il quartetto di Frisell, piano sax e batteria, ha originato un live certamente non per tutti; resta comunque quell’eleganza della sua sperimentazione che lo elegge musicista senza eguali.
Rende omaggio a Burth Bacharach con “What The World Needs Now I Love”.
Ci sono persone che nascono con doni speciali.
Inutile dire che Samara Joy è una di queste.
Basta ascoltarla ad un suo set per toccare con mano la sua straordinaria vocalità.
Torna ad Umbria Jazz da regina incontrastata dopo la vittoria al Grammy come migliore giovane artista, chiudendo la rassegna al Morlacchi domenica 16 luglio.
La 23enne deve tanto al festival che la scoprí tre anni fa facendola esordire a livello europeo; quello che è già successo ad altri musicisti che oggi sono delle vere e proprie star (Gregory Porter, Cecile McLorin Salvant, Diana Krall).
Accompagnata da contrabbasso, piano e batteria il suo è un concerto che ricalca la tradizione più classica delle storiche jazz singers.
Pazzesca nella sua estensione, intensa e dinamica nei tanti colori di tono, aggiunge anche un modo di fare simpatico e gioviale.
Altro sold out per un teatro che ha letteralmente perso la testa per lei.
Per dovere di cronaca va ricordato un altro importante palco dedicato al jazz, ormai presente da qualche anno: La Sala Podiani presso la Galleria Nazionale Dell’Umbria.
In questa edizione l’affascinante location è stata particolarmente attenta al piano jazz, con due esibizioni pomeridiane giornaliere.
Tra i tanti artisti che si sono esibiti, piace ricordare Dado Moroni e Rita Marcotulli.
FREE OUTDOOR CONCERTS UMBRIA JAZZ 2023: Centro Storico
In questa intensissima dieci giorni sono tanti i contesti dove ascoltare musica trasformando, come già altre volte ribadito, il festival in contenitore di altri festival.
Tra la parte più seguita come sempre c’è quella dei Free Out Door Concerts; la nascita di Umbria Jazz partì proprio così.
Il centro storico s’inonda di pubblico per ascoltare a cadenza oraria un’infinità di band.
È la parte dove poter trovare il cuore più genuino della cultura afro americana attraverso i tanti suoni che l’hanno sempre caratterizzata.
Quest’anno c’è la novità dell’After Show; oltre ai tradizionali palchi di piazza IV Novembre e Giardini Carducci, accanto al Main Stage del Santa Giuliana c’è un secondo palco, dove le band del centro storico si esibiranno al termine dell’evento principale… per una notte piena di musica sempre ad ingresso gratuito.
Tanti i ritorni a cominciare dallo swing sempre eccellente di un “imbiancato” Ray Gelato and The Giants, amato e acclamato; ma ci sono anche i bravi Sugarpie and The Candymen che personalizzando classici di ogni genere esaltano la bella voce di Lara Ferrari e la dinamicità del quintetto.
Il suono tradizionale di New Orleans è inglobato nelle bravissime Shake ‘Em Up Jazz Band, che tra Dixieland e jazz prebellico incantano per la fedeltà del suono.
Tornato dopo qualche anno di assenza anche Mitch Woods e il suo piano boogie woogie e rock and roll offre sempre brio e buon gusto.
Particolarmente affascinante la figura di J.P. Bimeni che affiancato dai Black Belts incarna la nuova essenza soul, una voce penetrante che guarda al passato incamerando comunque le contaminazioni dei nostri tempi.
Menzione a parte per Mwenso & The Shakes, band proveniente da Harlem, unici nella loro proposta difficile da catalogare; c’è rock, blues, jazz, funk, pop in un susseguirsi di cambi stilistici repentini e improvvisi che non lasciano l’ascoltatore indifferente. Un linguaggio quasi schizofrenico.
Si torna più sul classico con i Ranky Tanky band di recente formazione dall’impronta più orientata al jazz ma le insenature blues e gospel non mancano certamente, rendendo il loro stile ammaliante.
Esordienti nei palchi di UJ hanno avuto l’onore di aprire il concerto di Ben Harper a riprova del loro successo perugino; una delle sorprese dell’edizione 50.
Presenti ormai da anni i seguitissimi Funk Off che con la loro street parade accendono sorrisi per le vie del centro storico e sul palco di piazza IV Novembre.
Ormai da qualche anno ad UJ è presente anche un contest per giovani band.
Quest’anno il premio se lo aggiudicano i Kaleidoscope Quartet.
UMBRIA JAZZ 2023: CONCLUSIONI
Come sempre sono i numeri finali che impressionano e danno l’idea di quello che è Umbra Jazz.
Un incasso che supera i 2,3 milioni per più di 40000 paganti, con una media di 3200 all’Arena, oltre 500 al Morlacchi e 150 presso la Sala Podiani.
L’indotto per la città è qualcosa di non misurabile ma oltre alla parte puramente commerciale e materiale ci piace sottolineare il lato artistico del festival con un numero impossibile da stimare di musicisti impegnati.
La qualità proposta lo rende tra i cinque festival più importanti al mondo e il lustro che ne consegue per la città è impareggiabile.
Ribadiamo l’impossibilità di poter seguire totalmente un evento di queste proporzioni, quindi tanti nomi e artisti non sono stati citati all’interno del nostro racconto e di questo ce ne scusiamo.
C’è un profilo però che amiamo evidenziare più di altri, perché dato troppo spesso per scontato o minimizzato: il lavoro d’eccellenza di uno staff, dei tecnici, delle maestranze che in modo silenzioso s’impegnano con passione durante l’anno per rendere questo sogno possibile anche dopo cinquant’anni.
Grazie a loro e… Buon Compleanno Umbria Jazz!
Simone Bargelli
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