Arriviamo lunghi su questo disco di Daniele Tenca, uscita primaverile che giunge all’indomani di una sua lunga parentesi di sette anni dall’ultimo “Love Is The Only Law”, 2016, dove la maturazione artistica del cantautore milanese evolveva già dai passi significativamente in blues di “Blues for the Working Class”, 2010, a cui seguivano poi i concerti del “Live For The Working Class”, l’anno successivo.
Ma non è mai stato solo blues, Daniele Tenca, o comunque mai vincolato ad un solo genere; piuttosto, anche in quella fase che lo ha visto affiancato ai musicisti d’impronta fortemente blues della Working Class Band, permanente in “Wake Up Nation”, 2013 (con Leo Ghiringhelli alla chitarra, Tony Rotta alla batteria, Luca Tonani al basso e Heggy Vezzano alla chitarra solista) mai è venuta a mancare la sua attenzione ai testi e a un song – writing accurato (sua la penna per alcuni brani dell’amico in blues Francesco Piu, per esempio) che ne fa un cantautore completo e intriso del back – ground comunicativo e stilistico da canzoniere popolare americano.
E così è anche in quest’ultima produzione, quantunque più autonoma e home – made, ma dal respiro più elettronico e globale della black – music internazionale, con ciò che la distingue dalle precedenti, e senza soluzione di continuità rispetto a quell’evoluzione di cui si diceva, a riprendere da: “dove eravamo rimasti”.
I generi in gioco quindi, anche stavolta, qualcosa che serve più a noi per decifrare quello che ascoltiamo, che a lui nell’assemblare formule espressive, a tratti disinvolte, a tratti più ricercate, senza mai fermarsi al semplice “manufatto” in serie, ma dalle “moltitudini” inestinguibili.
Non si nasconde neanche una spiccata predisposizione al concept, per Daniele, così che anche seguendo i testi di “Just A Dream” è facilmente individuabile il filo rosso della tematica dei diritti civili, a partire dal messaggio non violento del Dr. King nella stessa title – track ispirata al celebre “I Have A Dream” del Reverendo: come altre, una delle tracce cui Tenca giunge in autonomia polistrumentale, elevando la caratura sociale del disco nel suo gusto creativo.
Non un caso, se “Just A Dream” nasce tra marzo 2020 e settembre 2022, sicché è intuibile quanto l’influenza del caso Floyd abbia permeato il progetto, che sanguina ancora di una ferita afroamericana mai rimarginata. La tremenda immagine del “ginocchio sul collo” e quella frase “I Can’t Breathe”, è perciò anche la sentita reinterpretazione del brano di moderno “errebì” di H.E.R., straordinariamente partecipato dal rappin’ di Guy Davis e prima cover dell’album per il nostro.
L’altra, in un gioco di rimandi, è l’esplicita risposta black di “This Land” che fu di Gary Clark Jr. alla “This Land Is Your Land” di Woody Guthrie, qui restituitaci in acustico come a riportare il brano a quei tempi da cui l’America pare non essersi ancora scissa, con quel suo razzismo sistemico.
Non manca neppure di tradurre questa sensibilità al contesto italiano, Daniele Tenca, con quella denuncia sociale alla deriva di certe politiche per l’immigrazione, da cui la domanda: “What If He Was Your Son?” per un’altra canzone dal forte sostegno chitarristico, con Antonio “Cooper” Cupertino e con la slide “sempiternamente” blues di Heggy Vezzano.
Sono i codici linguistici del Tenca che più conosciamo invece, quelli all’attacco dell’intensa ballad per chitarra e armonica di “Smiling Man”, che ci commuove come un brano d’altri tempi; così il mid – tempo di “Pretty Mama”, a sfoderare un più esplicito “bluesone” stradaiolo. “Indifference” non fa che portare avanti la linea concettuale del disco, che ritorna quasi funk negli umori di “Dreamkiller”, giacché, potente, non esaurisce neppure la varietà che riserva anche nelle tracce rimaste.
Matteo Fratti
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